PRESS KIT


Afrika Mkhize, piano
Ayanda Sikade, batteria
Bänz Oester, contrabbasso

TBA, saxophone

La band dei «Rainmakers» continua una tradizione che poche formazioni, oggi, possono rivendicare. Pensiamo in primis al cosiddetto «spiritual-jazz», che raggiunse l`apice nella metà degli anni sessanta fino alla metà del decennio successivo. Essi trasmettono codesta «religione» non come bigottismo superstizioso, ma con tutto ciò che ci porta a ritroso nel tempo, con pathos, umanità e fratellanza.

Oggi la maggior parte dei jazzisti focalizza la propria ricerca su strutture complesse ed elaborate, siano esse ritmiche, armoniche o melodiche. Molte produzioni attuali possono quindi essere percepite come una dimostrazione di disciplina e lavoro a cui il corpo e la mente possono essere sottoposti per ottenere il risultato di velocità, precisione e controllo. La musica dei Rainmakers, invece, rompe questa tendenza. Certo il virtuosismo individuale e la creatività sono in primo piano (i membri del quartetto sono tutti maestri dell`improvvisazione e hanno una forza espressiva fenomenale) e la musica della band racconta la ricerca della libertà, la rivolta e la ribellione contro i sistemi di controllo e contro l`oppressione dei popoli in generale, così come il bisogno di trascendenza e di umanità.

Attraverso la loro interazione i musicisti affermano instancabilmente le loro aspirazioni spirituali e il loro bisogno di liberarsi di ogni forma di costrizione. Così facendo essi continuano una tradizione che poche formazioni possono vantare (tranne alcune forse in Sudafrica. Infatti le presenze di Afrika Mkhize e Ayanda Sikade sono certamente cruciali). Viene subito in mente il quartetto di John Coltrane, ma anche di altri precursori del cosiddetto «spiritual-jazz», dalla metà degli anni sessanta fino alla metà degli anni settanta. Oggi, questa musica è attuale più che mai. In un momento in cui gli algoritmi di controllo diventano sempre più efficenti e le macchine raggiungono, addirittura superano le capacità fisiche e mentali degli esseri umani, l`offerta di Bänz Oester, Afrika Mkhize e Ayanda Sikade è senza dubbio ciò che di più, oggigiorno, abbiamo bisogno. Ritornare musicalmente a questa religione antica, non per bigottismo superstizioso, ma bensì per senso di umana appartenenza.

I musicisti non solo suonano il proprio strumento, ma essi SONO lo strumento stesso. Il suono, pienamente presente nell`adesso, che genera pura gioia: E interagendo tra di loro musicalmente, essi influenzano l`universo.

Bänz Oester, il leader della band è europeo. Il pianista, Afrika Mkhize e il batterista, Ayanda Sikade sono virtuosi provenienti dal Sudafrica.

I quattro musicisti formano un`unità compatta ed interattiva. In altre parole si tratta di una formazione la cui classe individuale di tutti i partecipanti non si manifesta in maniera egocentrica, ma si fonde in una energia collettiva. Oester vanta una ricchissima cultura musicale africana e spiega: «Voglio interagire con gli altri musicisti su un piano di equità. Non voglio essere per niente gerarchico. Voglio abbattere i confini e le barriere. Non impongo niente a nessuno. La musica la facciamo insieme. Vale a dire lungo una linea ad alta tensione che collega il nord al sud.